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Certificare l’innovazione: ITIR entra nell’albo certificatori del MIMIT e lancia un osservatorio sugli abilitatori all’innovazione in azienda

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ITIR – Università di Pavia – è tra i soggetti abilitati a certificare, con effetti vincolanti anche nel prevenire eventuali contenziosi con l’Agenzia delle Entrate, gli investimenti in Ricerca e Sviluppo, Innovazione tecnologica, anche nell’ambito del paradigma 4.0 e dell’economia circolare, Design e ideazione estetica.  Con l’occasione ITIR avvia un osservatorio per raccogliere a analizzare dati fondamentali per svolgere al meglio il ruolo di certificazione e animare il dibattito sullo stato della ricerca in azienda e  sugli “abilitatori” all’innovazione, come il credito d’imposta o la finanza agevolata.

Si può “certificare il futuro”?

Si può “certificare” l’innovazione? Se sì, chi se ne deve occupare? Come le imprese possono far leva sugli strumenti istituzionali per sbloccare innovazione anziché venirne imbrigliate? Queste domande sono sempre più attuali alla luce delle recenti novità, come il Decreto Direttoriale  MIMIT del 21.2.2024 – in attuazione del DPCM 15 settembre 2023 –  che crea un albo di enti qualificati per la certificazione ex-ante del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo. Oppure si pensi all’uscita dello Standard ISO 56001 – prevista nell’autunno 2024 – il quale consentirà la certificazione del sistema aziendale di gestione dell’innovazione. 

La differenza tra le aziende che subiranno queste novità e quelle che le valorizzeranno come leva competitiva risiede nell’approccio a queste sfide e nella creazione di partnership strategiche con centri di ricerca, servizi all’innovazione e attori chiave della catena del valore. Ne abbiamo discusso lo scorso 28 maggio 2024 in un evento ITIR dove abbiamo avuto modo di confrontarci, fra gli altri, anche con Roberto Esposito – Dirigente del Ministero delle Imprese e del Made in Italy – e con Piergiuseppe Cassone di Confindustria Bergamo, coordinatore dell’UNI/TC016 GL89 (Innovation Management) nonché capo della delegazione italiana all’ISO/TC279.

In quell’occasione sono emersi diversi spunti di rilievo, fra cui la necessità di attivare circoli virtuosi tra quadro istituzionale e pratiche aziendali: bene gli incentivi all’innovazione, ma questi debbono essere in grado di scatenare veri e priori processi di trasformazione dei modelli di business, oltre che generare meri vantaggi economico-fiscali. Analogamente, i processi di profondo rinnovamento aziendali possono essere pensati anche per valorizzare le opportunità del quadro istituzionale / normativo. 

Per quanto ciò possa apparire “mero buon senso”, spesso si tratta di due percorsi che procedono in parallelo con competenze specialistiche differenti, senza incontrarsi. Le opportunità sinergiche che si perdono sono rilevanti.

In questo quadro, l’idea del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) di istituire un Albo dei certificatori del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo e innovazione tecnologica ha avuto anche il merito di aver dato nuova linfa e argomenti “freschi” al dibattito sulle buone pratiche per l’innovazione, tanto istituzionali quanto aziendali. Il tutto ha un momento di avvio il 4 agosto 2022, quando una nuova legge introduce la possibilità di certificazione del credito d’imposta ricerca e sviluppo, così da offrire più certezza alle imprese rispetto all’effettiva possibilità di accedere a tale agevolazione.

Innovare in certezza di diritto

ll credito d’imposta sull’attività di ricerca e sviluppo in azienda è stata una delle agevolazioni fiscali più utilizzate fra quelle introdotte del piano nazionale Industria 4.0. Secondo I dati OCSE dal 2010 al 2020 la percentuale degli investimenti in innovazione delle imprese private è passata dallo 0,6% del PIL allo 0,93: ossia una crescita del +55%. “I dati dimostrano che gli investimenti sono cresciuti in corrispondenza dell’introduzione o del rafforzamento di due importanti strumenti, il credito di imposta in ricerca e sviluppo e il Patent boxafferma Francesco De Santis, Vice Presidente di Confindustria per la Ricerca e lo Sviluppo. Secondo ISTAT, Il credito d’imposta per la R&S è utilizzato specie dalle imprese manifatturiere (55% del totale) nel 2020. Le imprese più piccole – fino a 50 addetti – sono i maggiori beneficiari del credito commisurato agli incrementi di spesa (2015-2019), mentre le imprese con almeno 50 addetti ottengono una quota maggioritaria (58%) del credito rispetto alla spesa totale (2020). Secondo ISTAT, Sulla base dei dati delle dichiarazioni fiscali delle società di capitali, la percentuale delle imprese beneficiarie del credito per la R&S sul totale delle società di capitali è passata dallo 0,9% del 2015 al 2,5% nel 2020, con un picco pari al 2,8% nel 2018, dopo di che è partita una certa flessione in quanto ad utilizzo di tale strumento.

Per quale ragione questa flessione? Le ragioni sono differenti. Fra queste, va notato che numerose imprese che si sono avvalse di questa possibilità hanno cominciato a riscontrare problemi nel corso delle verifiche svolte da Agenzia delle Entrate / Guardia di Finanza. Sicuramente alcune aziende ne hanno abusato, mentre altre non hanno compreso appieno tutti i risolvolti della norma. Al tempo stesso, è pure vero che non sempre i funzionari coinvolti nei processi di controllo posseggono tutte quelle competenze tecniche necessarie per entrare nel merito dei singoli progetti di ricerca e innovazione. Il risultato che è nel tempo numerose imprese si sono viste recapitare avvisi di sanzione per credito inesistente (dove per i casi più gravi è prevista anche il penale), mentre diverse cartelle potrebbero ancora arrivare nei prossimi mesi/anni. In breve, si è creata una certa incertezza sullo stato di diritto: godere dell’agevolazione fiscale o rischiare una sanzione futura in un quadro dove è difficile stimare a priori il rischio di tale circostanza avversa?

E’ possibile che ciò abbia in qualche misura raffreddato l’interesse delle aziende verso il credito d’imposta, considerando che si rischiano anche procedimenti penali nei casi più gravi. Secondo il centro studi di Confindustria, la spesa per investimenti in ricerca e sviluppo nel 1° trimestre 2024 è crescita del +0,6%, in attenuazione dopo il +2.5% in chiusura del 2023. Purtroppo non sono disponibili dati che disaggregano i vari fattori che concorrono a tali dinamiche (post pandemia, crisi geopolitiche, etc.) – ci lavoreremo con il nostro nuovo osservatorio, come discutiamo più avanti nell’articolo – , ma l’ipotesi che il rallentamento dipenda anche da una certa incertezza sull’applicazione del credito d’imposta è plausibile. Senza dimenticare che tale quadro potrebbe aver in parte spinto le aziende ad allocazioni diverse a bilancio delle spese che supportano i processi di innovazione, rendendole “invisibili”.

Infatti, la situazione sopra descritta ha minato alla base un pilastro delle scelte imprenditoriali: la certezza applicativa delle normative. Se ciò è vero in generale, lo è ancora di più quando si parla di innovazione, ossia un tipo di investimento di per sé incerto, rischioso, con tratti di unicità che rendono ancor più difficile l’interlocuzione con chi non ha competenze specifiche e/o non ha vissuto in prima persona il percorso di ricerca e sviluppo, con tutte le sue difficoltà e peculiarità.

Per questa ragione, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha introdotto un’utile e incisiva novità introducendo – grazie alla legge 122 del 4 agosto 2022 – la possibilità di certificare una attività aziendale di ricerca e sviluppo e/o innovazione tecnologica a monte della richiesta di un credito d’imposta sulla stessa. Così facendo – salvo vizi formali – ciò viene certificato da enti terzi abilitati ed iscritti ad un apposito albo non potrà essere contestato nel suo contenuto (ossia non potrà considerato “non” ricerca / innovazione tecnologica) da Agenzia delle Entrate. 

Si tratta di una novità fondamentale finalizzata a creare condizioni più chiare e certe ad imprenditori e imprese, in quanto tale certificazione rappresenta uno strumento fondamentale nel qualificare le attività svolte ed evitare eventuali contenziosi con il fisco sulla natura del credito d’imposta, puntando così a rilanciare gli investimenti nel campo della ricerca e dell’innovazione. Come nota di particolare interesse, la nuova norma consente di certificare pure il credito d’imposta maturato su attività di ricerca e innovazione svolte in passato. Finalmente le imprese hanno la possibilità di legittimare definitivamente la richiesta del credito d’imposta già presentata, superando i dubbi e le incertezze scaturiti nel tempo per via dell’evoluzione normativa e delle restrizioni imposte dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate.

Abbiamo chiesto un parere anche a Davide Cagnoni, Partner di GDC Corporate & Tax e partner di ITIR: “Con la pubblicazione delle linee guida ad integrazione della norma, il Ministero MIMIT ha ulteriormente rafforzato lo sforzo verso una maggior chiarezza e certezza del diritto. Si tratta di un documento importante che permette alle imprese di inquadrare le attività passate e future ai fini dell’applicazione dell’incentivo fiscale. Le aziende, infatti, in conformità con le linee guida, hanno ora la possibilità di far certificare le proprie attività innovative ottenendo così la possibilità di operare in un contesto di certezza di diritto ed evitare problematiche di natura sanzionatoria derivanti da possibili contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.”

Dall’8 luglio 2024 la normativa è pienamente operativa e possono essere rilasciate le certificazioni sopra citate.

ITIR entra nell’Albo Istituito dal Ministero MIMIT

A partire dal 10 luglio 2024, anche il nostro “Institute for Transformative Innovation Research” (ITIR) – Università di Pavia – è stato selezionato dal Ministero MIMIT per erogare tali certificazioni e pertanto risulta inserito nell’Albo dei certificatori del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design e ideazione estetica. Si tratta di un traguardo importante raggiunto da ITIR, in quanto – coerentemente con la mission di questo centro di ricerca – c’è la volontà di erogare un servizio per l’eco-sistema innovativo del paese con un impatto sulla profittabilità delle aziende, nonché sul miglioramento della società in senso più ampio.

Per ricercatori di professione come quelli di ITIR, questa novità va oltre la mera redazione di perizie. E’ piuttosto una straordinaria opportunità di per aprire un nuovo e promettente filone di ricerca: infatti, meglio comprendere come e quando la ricerca in azienda sia evoluta nell’epoca contemporanea – in un epoca di grand challanges e trasformazioni epocali – è davvero un ambito di studio promettente. La ricerca nell’era dell’intelligenza artificiale o delle crisi geopolitiche, infatti, supera la distinzione fra manifattura e servizi, si scatena in uffici insospettabili e non più nel solo reparto di “ricerca e sviluppo”; in generale, abilita nuovi paradigmi che superano convenzioni consolidate. Su questo fronte, c’è molto da fare.

Sulla base di questi presupposti, ITIR si è organizzata per svolgere il servizio di certificazione valorizzando la propria natura quale “centro di ricerca” inserito in un ateneo pubblico prestigio come Università di Pavia. Ovviamente, in primo luogo valorizzando esperienza e pubblicazioni di tutti gli 81 ricercatori che afferiscono all’istituto, nonché la possibilità di attingere velocemente e con facilità alle expertise di una rete più estesa, composta da quasi mille ricercatori dell’Università di Pavia e/o di alcuni fellows da Università partner (fra i ricercatori ITIR vi sono anche fellows da Oxford, Harvard Business School, Lousina State University, University of Birmingham, etc). 

In secondo luogo, si ritiene necessario arricchire quanto previsto da normativa, linee guida e documentazione di riferimento (es. Manuale Frascati) con una estensiva analisi della letteratura scientifica in materia. 

Infine, l’intenzione di affrontare il problema secondo un rigoroso approccio scientifico sfocia anche nell’aver istituito, sempre presso ITIR-Università di Pavia, il nuovo Osservatorio SPIRE, il quale offrirà preziosissimi dati per affrontare la questione anche mediante una prospettiva data-driven.

Meno incertezze, ma ancora tanto lavoro da fare: nasce l’Osservatorio “SPIRE: Strategic Practices for Innovation & Research Enablers”

Senza dubbio, l’azione del MIMIT va nella giusta direzione: avere la possibilità, grazie a qualificati certificatori terzi, di sapere in anticipo se la propria attività di ricerca e/o innovazione tecnologica sia effettivamente ammissibile o meno alla agevolazione fiscale – mediante una procedura che conferisca certezza a tale verifica – rappresenta un passo decisivo per ridare slancio a questo tipo di investimenti, nonché per una sana e corretta allocazione degli stessi a bilancio.

Tuttavia, vi è ancora molto da fare. Quanto l’incertezza di cui sopra ha effettivamente rallentato gli investimenti in ricerca e innovazione? Lo stesso grado di incertezza ha generato altri effetti collaterali di cui sarebbe opportuno farsi carico? Possiamo misurare i benefici specifici di questo nuovo sistema basato sulla certificazione? I vari enti abilitati alla certificazione sono nella posizione di erogare un servizio che adotta gli stessi principi e gli stessi standard di qualità così che ogni caso aziendale riceva un uguale trattamento a prescindere da chi redige la perizia? La novità della certificazione, potrebbe essere ragionevolmente estesa ad altri ambiti analoghi, come il “patent box”? Se sì, quale l’impatto atteso?

Il MIMIT è consapevole che tanto si fatto ma si può fare sempre di più, così ha pubblicato delle linee guida che offrono un primo importante contributo in tal senso. “La pubblicazione delle linee guida ad integrazione della norma da parte del MIMIT ha ulteriormente rafforzato lo sforzo verso una maggior chiarezza”, afferma Davide Cagnoni, Partner di GDC Corporate & Tax. “Si tratta di un documento importante che permette alle imprese di inquadrare le attività passate e future ai fini dell’applicazione dell’incentivo fiscale. Aziende e certificatori, infatti, in conformità con le linee guida, hanno ora la possibilità di far certificare le proprie attività innovative ottenendo così la possibilità di poter operare in un contesto di certezza di diritto ed evitare problematiche di natura sanzionatoria derivanti da possibili contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Come ITIR e svolgendo il nostro ruolo quale centro di ricerca focalizzato su innovazione e moderne forme di trasformazione (di business, digitale, sostenibile), intendiamo offrire un contributo in questa direzione avviando un osservatorio sugli abilitatori dell’innovazione, denominato “SPIRE: Strategic Practices for Innovation & Research Enablers”.  Verranno perseguite tre principali finalità:

  1. disporre di dati mirati per redigere le certificazioni in modo quanto più solido e scientifico;
  2. Avviare un filone di ricerca scientifica volto a meglio comprendere l’impatto di questi nuovi strumenti di policy, nonché approfondire se e quanto possano essere integrati da manager e imprenditori nelle proprie best practices d’innovazione;
  3. Far crescere l’intero ecosistema in una logica aperta, condividendo grazie a report ed eventi il know-how generato, così da far crescere anche altri certificatori / esperti di queste tematiche. 

Stefano Denicolai, presidente di ITIR, dichiara: “Siamo di fronte a un importante cambiamento normativo che introduce ragionevoli certezze per le imprese e i loro investimenti, perlomeno sul fronte della relazione con l’amministrazione finanziaria. Ma abilitarsi all’Albo non basta: alla nostra esperienza decennale sul tema, aggiungiamo un nuovo osservatorio su ricerca nelle imprese e finanza agevolata per l’innovazione, con l’obiettivo di raccogliere dati fondamentali per una certificazione inattaccabile e per animare il dibattito su queste tematiche”.

Verso questi obiettivi, l’osservatorio svolgere attività quali:

  • Rilevazioni sull’intensità di ricerca e sviluppo delle imprese italiane (es. medie per settore con dettagli analitici anche sui sottosettori, per classi dimensionali, etc.);
  • Analisi sulla diffusione degli Intangible assets e impatto su sostenibilità e performance;
  • Analisi su diffusione ed efficacia degli abilitatori istituzionali alla ricerca e all’innovazione in azienda (es. credito d’imposta, bandi pubblici, etc.);
  • Analisi sull’efficacia del sistema di certificazione della ricerca e dell’innovazione;
  • Diffusione, impatto ed efficacia degli standard ISO in tema di innovazione (es. Norma ISO 56002 – sistema di gestione dell’innovazione);
  • Diffusione, impatto ed efficacia delle pratiche tangibili aziendali di supporto all’innovazione (es. agile methodologies, metriche di misurazione, mappatura delle idee, etc.).

Al team di ricercatori di ITIR, i lavori dell’osservatorio sono supportati anche da due partner aziendali altamente qualificati. Oltre alla già sopra citata “GDC Corporate & Tax”, a bordo nel progetto vi è anche “Leyton Italia”, market leader a livello internazionale nel supportare le aziende a sfruttare gli incentivi finanziari legati a ricerca e innovazione. “Siamo entusiasti di iniziare una collaborazione con l’Institute for Transformative Innovation Research (ITIR) dell’Università di Pavia,” ha dichiarato Michael Lagarde, CEO di LEYTON Italia. “L’istituzione di uno specifico Osservatorio su abilitatori all’innovazione e quindi anche su tematiche inerenti alla certificazione per il credito d’imposta in Ricerca, Sviluppo e Innovazione Tecnologica, porterà maggiore consapevolezza nell’ecosistema innovativo italiano,  contribuendo anche a consolidare l’expertise dei nostri consulenti sulla normativa italiana in collaborazione con ITIR. Inoltre, questa collaborazione aiuterà le imprese italiane ad operare in condizioni di maggior certezza, promuovendo l’innovazione come leva competitiva, sostenendole nel loro percorso di crescita e trasformazione. Siamo convinti che unendo le nostre forze con quelle dell’ITIR, riusciremo a creare un impatto significativo nel panorama della ricerca e sviluppo del nostro paese.

Integrare pratiche aziendali ed istituzionali per il rinascimento dell’innovazione “Made in Italy”

L’Italia e il suo made in Italy sono stati per lungo tempo considerati esempio eccellente di creatività e innovazione, questo anche grazie a straordinarie condizioni di contesto. Si pensi ad esempio ai distretti industriali, un esempio di modello inter-aziendale invidiato e studiato da ricercatori di tutto il mondo.

Gli ultimi due decenni hanno però messo in dubbio questa eccellenza, o quantomeno hanno sottolineato con forza l’esigenza di un profondo ripensamento. In particolare, si sono attenuate le favoreli condizioni di contesto, nelle sue diverse accezioni. 

Una chiave di lettura per dare slancio ad una vero e proprio rinascimento dell’innovazione Made In Italy può venire da una riflessione sulle sinergie fra pratiche aziendali – leadership, metriche per l’innovazione, metodologie agili, etc. – e quadro istituzionale (credito d’imposta e sua certificazione, patent box, ISO sui sistemi di gestione dell’innovazione, etc.). Due rette spesso parallele, che devono incontrarsi.

Serve che il dibattito sulle agevolazioni come il credito d’imposta sulla ricerca esca dal confronto fra esperti di norme e tributi e si inserisca come parte integrante del design strategico di chi conduce la trasformaziona digitale in prima linea in azienda o ripensa i modelli di business ispirandosi alla transizione ecologica. Serve che chi ambisce ad ottenere le nuove certificazione ISO sui sistemi di gestione dell’innovazione (ISO 56001 e ISO 56002)  lo faccia concependo questi standard anzitutto come una sana tensione verso una cultura aziendale intrinsecamente votata al cambiamento continuo. In breve, serve che gli abilitatori aziendali e quelli instituzionali all’innovazione confluiscano in un unica base di conoscenza e che i diversi attori coinvolti da queste dinamiche si siedano allo stesso tavolo. 

Su queste basi, l’osservatorio ITIR “SPIRE: Strategic Practices for Innovation & Research Enablers” ha le idee chiare per essere molto più che l’ennesimo osservatorio che parla di ricerca e innovazione.