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Road to Kick-Off Day: intervista a Federico Casotto, food specialist

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Venerdì 31 marzo 2023, in occasione del Kick-Off Day di ITIR, il T-Lab “Wellbeing & Nutrition Transformation Lab” avrà modo di presentarsi e trattare, in occasione della propria sessione pomeridiana dedicata, alcuni dei temi di sua competenza.

Tra questi spicca la trasformazione e transizione nutrizionale verso modelli alimentari sani e sostenibili, con una particolare attenzione all’aspetto della salute, sia individuale che collettiva, tenendo conto anche dell’evoluzione tecnologica e dei fattori economici.

La tematica è davvero importante, specialmente in un Paese come l’Italia dove la produzione agroalimentare ha un ruolo di spicco e dove la ricca e variegata tradizione alimentare si è trasformata in un motore economico, diventando uno dei pilastri del nostro Made in Italy.

Per affrontare il tema durante la sessione di venerdì 31 marzo insieme a tutte le persone che sceglieranno di partecipare, abbiamo il piacere di ospitare un discussant d’eccezione, il dott. Federico Casotto, Design Manager e Food Specialist di Design Group Italia, esperto di “green-food”, una delle nuove tendenze tecnologiche e di consumo legate alla green transition nell’ambito dell’alimentazione, ma anche di “emancipazione dei nutrienti”, una nuova e virtuosa opportunità per le aziende del settore.

Per conoscerlo “in anteprima” abbiamo preparato alcune domande, che vi proponiamo insieme alle sue risposte!

Federico, intanto grazie della tua disponibilità sia per questa intervista che per l’evento!

Grazie a voi per la bella opportunità.

Uno dei tuoi ruoli è quello di “Food Specialist”: ci puoi raccontare di cosa si occupa chi fa questo mestiere?

Sono prima di tutto un designer. Lavoro per Design Group Italia, uno studio che si occupa di innovazione di prodotto e brand in molti settori diversi, dai prodotti consumer alle app di telemedicina, dai macchinari industriali alla mobilità elettrica, per fare alcuni esempi. Con le mie competenze lo studio ha esteso i suoi servizi all’industria alimentare. In breve, affianco i clienti food di DGI nei loro percorsi di innovazione di prodotto alimentare e packaging.

Sempre più spesso si parla di “transizione” verso modelli nutrizionali più sani e sostenibili: perché i modelli esistenti non vanno più bene?

Difficile dare una risposta diretta a questa domanda. La prendo un po’ alla larga: uno degli aspetti più interessanti nella definizione di dieta mediterranea, per come è stata formulata sia nel pensiero di Ancel Keys, sia nelle motivazioni con cui l’UNESCO l’ha inclusa tra i patrimoni immateriali dell’umanità, è che questa definizione ha esteso la nozione di dieta ben al di là degli aspetti strettamente nutrizionali.

Molto del valore che si riconosce alla dieta mediterranea, oltre alla qualità e alla varietà dei cibi, risiede nel rapporto equilibrato che certe comunità del Mediterraneo hanno stabilito con il territorio da cui traggono sostentamento; risiede in un fondamentale principio di frugalità nell’approccio al cibo, che vuol dire non soltanto mangiare senza eccedere e mettere sulla tavola preparazioni semplici, ma anche non sprecare il cibo e valorizzare gli avanzi e gli scarti.

Nella convivialità, che vuol dire sia darsi il tempo per mangiare insieme e possibilmente in allegria, sia preparare il cibo per tutti, realizzando in casa piccole economie di scala; nell’includere l’attività fisica nel quotidiano, cioè spostarsi a piedi, fare le scale e in generale dedicare tempo anche a lavori che richiedano un po’ di sforzo muscolare; nel ritmo giusto della vita quotidiana, quello che ci concede abbastanza riposo e non genera stress.

Insomma, molto di ciò che consideriamo sano e sostenibile nella dieta mediterranea è proprio ciò che manca nelle società occidentali: equilibrio, frugalità, convivialità, attività fisica quotidiana, ritmo giusto. Per una vera transizione dovremmo cercare di riaffermare con forza questi principi. Come? Forse ci troveremo all’ITIR proprio per cercare delle vie percorribili. Parliamone.

Quindi secondo te la crescente attenzione del mercato alimentare per proposte green, biologiche, naturali, salutari non è sufficiente?

È una reazione necessaria del mercato nel suo adattamento alle istanze della modernità e sono sicuro che avrà effetti molto positivi sul sistema alimentare e sulla salute delle persone. Non sono altrettanto sicuro che sia sufficiente a realizzare compiutamente la transizione, se non si accompagna a un qualche cambiamento radicale nei nostri stili di vita.

Mi voglio però soffermare un attimo sulle parole usate: green, biologico, naturale, salutare.

Un fenomeno molto interessante che stiamo osservando è la divaricazione sempre più marcata tra la nozione di green food e quella di cibo naturale. L’attributo green si riferisce all’impatto delle filiere produttive sull’ambiente in termini di emissioni di CO2, consumo d’acqua e di suolo, ecc.

Più è basso l’impatto delle filiere, più è green il prodotto che ne esce. Se valutato in base a questi parametri misurabili, non è detto che un prodotto molto naturale sia anche molto green. Prendiamo per esempio il filetto di una chianina allevata al pascolo, appena scottato sulla brace e servito con un filo d’olio: non avremmo esitazioni a definirlo naturale, genuino, autentico, ma facciamo sempre più fatica a definirlo green.

All’opposto, un burger vegetale con proteine isolate di pisello e realizzato mediante un processo sofisticato di estrusione è sicuramente green, perché rispetto al filetto di chianina il suo “score ambientale” è nettamente migliore, ma non ci verrebbe mai in mente di definirlo naturale.

Questa frizione tra green e naturale, impensabile fino a qualche anno fa, è qualcosa su cui mi piacerebbe riflettere insieme, anche in relazione all’idea di salutare. Il confronto tra il filetto e il burger vegano sul terreno della salubrità potrebbe generare qualche controversia vivace.

Quanto al biologico, di fatto è un’etichetta la cui assegnazione dipende dal determinarsi di certe condizioni produttive. Sia la carne, sia le proteine isolate di pisello potrebbero essere definite bio, se prodotte secondo il disciplinare bio/organic di riferimento.

Il tema è davvero interessante e abbiamo molte altre domande che terremo per l’evento del 31 marzo: a proposito, puoi anticiparci qualcosa di quello che ti piacerebbe approfondire in questa occasione?

Il 31 marzo vorrei illustrare un po’ di casi che per me sono rappresentativi dell’evoluzione in atto: parlerò di frittate senza uova, di proteine astratte ricavate dall’aria, di repliche fedeli del latte vaccino fatte con molecole di ananas e cavolo, di sfogliette di verdura multicolori.

Mi piacerebbe riuscire a stimolare una discussione aperta e appassionata sugli scenari futuri dell’alimentazione e sulla direzione da imprimere all’innovazione. Ci vediamo a Pavia!

Ringraziamo Federico Casotto per il tempo dedicato a questa intervista e lo aspettiamo in occasione della sessione pomeridiana “Wellbeing & Nutrition Transformationdel Kick-Off Day, a partire dalle ore 14:00 del 31 marzo 2023.

L’iscrizione all’evento, che inizia alla mattina alle 9:30, è gratuita ma i posti sono limitati.

Per maggiori informazioni e per la scheda con cui iscriversi basta visitare la pagina dedicata all’evento.